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Storia

Il Comune di Brusasco è posto sulla riva destra del Po, alla confluenza della Dora Baltea. Geograficamente è situato a nord est di Torino, alle pendici delle Colline del Po, estremo lembo settentrionale del Monferrato e costituisce il baricentro di un triangolo avente come vertici Torino, Casale ed Asti.



L'origine del toponimo è controversa: esso deriverebbe da "brusa" cespuglio, quindi significherebbe " borgo posto tra i cespugli" oppure da "brusà'" , (bruciato). Poichè le testimonianze medioevali piu' antiche parlano di Bruxatis e non Brusascum, si propende per un'origine dal nome celtico latinizzato Bruscius nella variante Brusiscus. Già in epoca romana erano presenti insediamenti abitativi nell'odierna Brusasco, ma la nascita del paese è quasi certamente da porsi fra il VI e l'VIII secolo, quando sulla strada imperiale che univa Verrua a Industria, accanto a Quadratula sorse probabilmente come suo sobborgo, Brusasco che con il tempo prese il sopravvento sull'antica curtis.



L'insicurezza del luogo, sottoposto a scorribande militari e alle piene del Po, spinse la gente a rifugiarsi sulla collina circostante dove nacque il "Luogo" (dal latino Lucus, bosco sacro) nel quale, per ordine del Marchese Berengario, sorse il primo nucleo del castello.
Intorno all'anno Mille Brusasco passò ai Marchesi del Monferrato che, durante la guerra dei Comuni, alleatosi con Federico Barbarossa ebbero confermata la proprietà di queste terre. Ciò non impedì che anche Brusasco, come molti altri luoghi, fosse saccheggiato dalle truppe dell'imperatore.
Nel 1631 Brusasco entrò a far parte dei possedimenti sabaudi seguendone le vicende storiche e all'inizio del 1713, con la pace seguita alla guerra di successione spagnola, iniziò lo sviluppo dell'abitato nel piano a discapito della collina.
Dopo la Restaurazione Brusasco entrò a far parte della Provincia di Torino staccandosi da Asti e durante il Risorgimento ebbe il suo momento di gloria, nel 1859, con il passaggio di Garibaldi alla guida dei Cacciatori delle Alpi.
La seconda metà del 1800 vide la massima espansione geografica del comune. Nel 1927, la politica fascista unì Brusasco, Cavagnolo, Marcorengo e Brozolo in un unico Comune che assunse il nome di Brusasco Cavagnolo. Finita la guerra, nel 1948 si è staccato da Brozolo e nel 1957 Cavagnolo, mentre Marcorengo è rimasta frazione di Brusasco.

Il luogo dove sorgeva l'antica "capella de Quadradula" è concordemente ritenuto il più antico insediamento sul territorio di Brusasco, dal quale, dopo varie vicissitudini e trasferimenti degli abitati dalla pianura alla collina e viceversa, doveva sorgere l'attuale paese.
Il problema dei rapporti Quadrata - Quadradula è un esempio tipico delle questioni che sorsero tra gli storici piemontesi nel 1700 - 1800, quando la riscoperta di antichi insediamenti si traduceva spesso in una ricerca di presunte origini romane. Invece la distribuzione territoriale attuale ha spesso radici, specialmente nelle regione prealpine e alpine, più nel medioevo che nell'antichità classica.
E' pur vero che, come si ricava dalla Storia di Brusasco del Can. Raiteri del 1942, si ricordano ritrovamenti di mattoni antichi presso la Chiesa di San Pietro al cimitero, simili a quelli rinvenuti a Industria ed altri documenti ricordano come a poca distanza da essa risultano esservi state fabbriche di mattoni; è quindi possibile che accanto a San Pietro vi fosse in regione Ghiaro un insediamento altomedievale il quale non sarebbe altro che la "curtis quadradula" che, assieme al priorato, avrebbe preso il nome da un toponimo altomedievale del 999 e forse da una più antica "villa quadradula"
Per molto tempo, per l'assonanza dei toponimi, vennero accostati la romana Quadrata e la medievale Quadradula, entrambe scomparse. Si è supposto che Quadradula, citata in documenti del basso medioevo come "Quadradula sive Brusasco", fosse una fase tarda di Quadrata, stazione di tappa sulla via romana imperiale che correva sulla riva sinistra del Po da Milano e Pavia a Torino.
Quadradula si sarebbe invece sviluppata nell'alto medioevo dopo l'abbandono progressivo della strada, ritenuta non più sicura, nel tardo V e VI secolo, nel quadro di un progressivo degrado dei siti romani e di una dispersione dell'insediamento in piccoli nuclei sulla riva sinistra del Po, mentre sulla riva destra venivano abbandonati i siti di pianura e si assisteva all'arroccamento degli abitati intorno ai castelli sull'alto delle colline.
Nel caso di Quadradula, lo spostamento avrebbe avuto un'importanza particolare, perché Brusasco si trova sulla sponda opposta del Po rispetto al percorso della strada romana ed invece lo storico Durandi, che per primo aveva raccolto i documenti relativi a Quadradula, intorno alla metà del ?700, localizzava la cappella a Nord del fiume, con una continuità pressoché fisica dei due insediamenti antichi che, pur rendendo plausibile il legame tra Quadrata e Quadradula, presupponeva variazioni molto importanti nel corso del fiume.
L'ipotesi che era stata avanzata, Quadradula come fase successiva di Quadrata, portò a diverse valutazioni sulla posizione della strada e del fiume Po nelle diverse epoche e solo inntempi recenti venne localizzata Quadrata sulla riva sinistra nel territorio di Verolengo e, con qualche incertezze, Quadradula nel territorio di Brusasco.
La "Curtis de Quadradula" compare per la prima volta in una notizia della seconda metà del X secolo relativa ad un diploma perduto di Carlo II il Grosso dell'882; è successivamente citata in conferme dei possessi dell'abbazia di San Genuario negli anni successivi al mille e in due successive bolle di conferma dei beni dell'abbazia di Eugenio III e di Eugenio IV nelle quali è citata anche una "capella de Quadradula".
Nell'estimo delle chiese vercellesi del 1298/99 è citata una "ecclesia de Bruxsascho" e nello stesso estimo del 1299 compare il "Prioratus Santi Michaelis de Quaradola", citato in seguito con il toponimo di "Quadradula de Brusasco" (1437 - 1446).
In un estimo dei benefici ecclesiastici della diocesi di Vercelli del 1440 compare una "capella de Quaradola", ma senza l'indicazione "prioratus" che è invece indicata per altre chiese. Continua però ad essere citata con il titolo antico anche la chiesa del priorato; nel 1564 sono menzionati beni affittati alla comunità di Brusasco per circa 80 giornate; in una visita del 1557 la cappella del priorato è descritta come bisognosa di restauri importanti e nel 1591 viene descritta come tutta rovinata e senza l'altare.
L'esistenza del priorato, che raggiunse elevati gradi di floridezza, è testimoniata fino al XVII secolo. Esso sorgeva circa 200 metri a nord-est dell'attuale cappella di San Michele, in una località ancora oggi denominata "Crocetto".
Il borgo medievale, sorgeva nei pressi dell'attuale borgata Ghiaro; si trattava probabilmente di un agglomerato rurale circondato da una siepe o da un muro che comprendeva le abitazioni dei contadini e di qualche artigiano, nonché i granai, le stalle, il mulino, il forno e qualche rudimentale officina.
Questi dati sono ricavabili dagli scavi condotti nel 1749 dagli abitanti di Brusasco, nel corso della lite con gli abitanti del Luogo, per dimostrare che l'antico abitato era in pianura ed ottenere il trasferimento della chiesa parrocchiale in pianura. L'esistenza di un insediamento medievale è stato anche di recente confermato dagli scavi effettuati nel 1979 dagli studenti di Archeologia dell'Università di Torino.
Lo scavo ha rilevato la presenza di muri dalla tipica struttura alto-medievale, forse longobarda, dato che in quell'epoca il santo era particolarmente venerato dalla popolazione, ma da un livello più profondo sono apparse tracce di mura quasi certamente romane.
Nel 1599 l'altare di san Michele viene traslato nella Chiesa Parrocchiale, ufficialmente per "maggiore commodità del populo", in realtà per lo stato di abbandono della cappella. Alla fine del 500 i Gonzaga, allora Marchesi del Monferrato, ordinarono il trasferimento della popolazione di Brusasco sull'altura del Luogo, dove venne trasferita anche la parrocchia e dovette iniziare l'abbandono del sito
Nel 1658 la situazione è peggiorata ed essendovi rimasto in piedi solo il muro, il vescovo ordina la ricostruzione a spese del Beneficio, con il concorso del Comune, per poter officiare il giorno della festa del santo e soddisfare le messe anniversarie.
La chiesa di San Michele venne ricostruita nella posizione attuale, in località Ghiaro nel 1718 e compare nella mappa del 1750 annessa agli atti di una lite tra gli abitanti della piana e quelli del Luogo.
Nel 1724, al tempo della visita del vescovo Radicati, la chiesa è ricostruita nelle sue forme attuali ed è pure arredata con un quadro in tela, candelieri in legno intagliato, un calice d'ottone con patena d'argento, paramenti.
Confiscati i beni del priorato, ridotto allo stato laicale il beneficio, la chiesa risulta nuovamente in stato di abbandono. Nel 1830 la cappella era nuovamente una tettoia essendo stata la chiesa distrutta dalla piena del Po e venne riedificata nel 1830 e i muri intonacati nel 1876. Sarà il parroco Raiteri che, nel 1916 provvede, con il solo contributo della popolazione, al riassetto dell'edificio.